Donne vittime di mafia.
Santa Buccafusca; Concetta Cacciola; Rossella Casini; Angela Costantino.
Chi erano?
L’elenco delle donne vittime di mafia è sterminato. Oggi racconteremo la storia di quattro donne giovanissime. Mogli, fidanzate, madri, figlie. Incondizionate nell’amore, ma anche nella libertà, per se e per i propri cari. Vogliose di riscatto dalla criminalità, ma la cauzione è costata loro la vita. Il futuro non è mai arrivato, spesso – dopo torture, stupri, sofferenze, distruzioni di cadavere – la morte non ha previsto neppure una tomba.
Come sono morte?
L’acido muriatico ha corroso, con dolore, i sogni e il corpo di Maria Concetta Cacciola e Santa Buccafusca. Due storie drammaticamente simili e vicine nel tempo, fatte di collaborazioni con le forze dell’ordine, di dichiarazioni spontanee contro i propri cari, cancellate dalla sostanza corrosiva ingerita da entrambe le donne.

«Accomunate da un destino terribile. E legate da un filo di sangue che dal Vibonese arriva nella Piana di Gioia Tauro. Santa (“Tita”) Buccafusca e Maria Concetta Cacciola erano due giovani mamme che avevano vissuto in contesti di ‘ndrangheta e che probabilmente avrebbero voluto una vita diversa per i loro figli. Buccafusca era la moglie di Pantaleone “Scarpuni” Mancuso, considerato un boss dell’ala militare del casato mafioso di Limbadi. Cacciola apparteneva a una famiglia legata al clan Bellocco di Rosarno. Entrambe, poco più che trentenni, sono morte tra la primavera e l’estate del 2011 dopo aver ingerito acido muriatico, ma sul loro destino da anni aleggiano ombre inquietanti finora mai diradate1https://www.corrieredellacalabria.it/2019/04/26/morire-di-ndrangheta-il-pentito-parla-del-destino-di-tita-e-concetta/»

L’orrore non conosce fine.
La lista delle donne vittime di mafia non è terminato.
Hanno la stessa età, appena un quarto di secolo, Rossella Casini e Angela Costantino. Avranno entrambe 25 anni per sempre, considerando che il loro corpi non hanno mai trovato pace.
Rossella Casini, fiorentina, è stata stuprata, uccisa e fatta a pezzi e gettata come pastura per tonni nel mare reggino di Palmi nel lontano 1981. Si era innamorata di un ragazzo di quella terra che era andato a studiare fuori, aveva fatto di tutto per sottrarlo dalla criminalità, gli era stata accanto con amore, in particolare dopo
«l’uccisione del padre di Francesco nelle campagne di Palmi e il ferimento del ragazzo alla testa, 5 mesi dopo, in un agguato. Da quel momento iniziò un’altra storia. Rossella fece trasferire il suo fidanzato alla clinica neurochirurgica di Firenze e, oltre alle amorevoli cure, gli offri la possibilità di diventare altro, di tagliare definitivamente con le sue origini e con la storia della sua famiglia, coinvolta nella terribile faida tra i Gallico e i Parrello Condello che stava insanguinando le strade di Palmi. Francesco e la stessa Rossella affidarono le loro verità ai magistrati2Luciana De Luca, “Uccise per il “reato” di libertà”, Il Quotidiano del Sud, 20/03/2021».

E ancora
Angela, invece, è stata strangolata, ma il suo corpo, dal 1994 a ora, non è mai stato ritrovato: i suoi quattro bambini non hanno mai potuto portare un fiore sulla tomba della loro mamma. La giovane avrebbe infatti avuto una gravidanza, interrotta, da una relazione extraconiugale mentre il marito si trovava in galera:
«Nelle carte processuali troviamo scritto: «Una donna che appartiene a un clan come quello dei Lo Giudice non poteva permettersi di gettare disonore e fango su tutta la famiglia: unica sanzione possibile, pertanto è la morte».
Ma in cosa era consistito il “disonore” di cui parlano le carte? Angela non solo aveva avuto una relazione extraconiugale, ma avrebbe potuto essere incinta. E tanto bastò per eliminarla: la condizione ipotetica. «Non è dunque l’eventuale stato di gravidanza della Costantino, quanto, piuttosto, il sospetto fondato da parte dei familiari del marito della stessa che la donna fosse incinta, condizione che rendeva, comunque, inaccettabile la condotta di vita della ragazza poi scomparsa».
Angela sognava una vita libera. Ma «la libertà che la donna cercava, anche attraverso una nuova relazione sentimentale, era assolutamente incompatibile con i canoni di vita che dovevano essere propri di una donna appartenente ad una famiglia ‘ndranghetistica3https://mafie.blogautore.repubblica.it/2020/03/03/4146/».

Di Consolata Maesano
(scopri altre storie di donne vittime di mafia sul sito)