di CONSOLATA MAESANO
«…Quei ragazzi morti ammazzati, gettati in aria come uno straccio […] che han fatto a pezzi con l’esplosivo. E siamo qui con queste divise, che tante volte ci vanno strette […] E siamo stanchi di sopportare quel che succede in questo paese, dove ci tocca farci ammazzare per poco più di un milione al mese […] se chi ci ammazza prende di più di quel che prende la brava gente».
Sul palcoscenico del Festival di Sanremo del lontano 1994 si esibisce Giorgio Faletti, un artista poliedrico, già affermato come cabarettista e navigato nel settore musicale, prossimo anche all’esperienza letteraria.
Giorgio Faletti, più che cantare, recita: accompagnato dal sottofondo delle percussioni, l’artista dà magistralmente voce alla paura e al coraggio di un giovane carabiniere meridionale, che si rivolge con un misto di soggezione e irriverenza al “signor tenente” suo superiore, precedendo la formula di cortesia da un sonoro e sicilianissimo “minchia“.
Non sono passati ancora neppure due anni dalla strage di Via Capaci (del 23 maggio 1992, che costa la vita al magistrato Giovanni Falcone, a sua moglie Francesca Morvillo, agli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro e conta 23 feriti, fra i quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza) e quella di Via d’Amelio (nella quale, il 19 luglio dello stesso anno, perdono la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Fabio Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, mentre l’unico sopravvissuto, l’agente Antonino Vullo, si risveglia in ospedale, in gravi condizioni).
Le ferite rievocate, il sangue versato dalle vittime degli attentati, ancora così vivido nella memoria collettiva, stupiscono e commuovono l’Italia. La canzone rappresenta anche una denuncia colma d’indignazione per i rischi e la precarietà a cui vanno quotidianamente incontro coloro che indossano una divisa.
“Signor tenente” si classifica seconda al Festival di Sanremo, sotto una pioggia di applausi scroscianti:
«È una canzone di grande impatto che sembra cogliere alla perfezione lo stato d’animo di paura e smarrimento di polizia e carabinieri. […] È la prima volta che una problematica del genere approda nel regno dell’effimero ed è inaspettato che proprio da un comico arrivi una canzone così drammatica»[1]
“Signor tenente” vince anche il Premio della critica. Dal palcoscenico Giorgio Faletti annuncia che i proventi andranno a uno spot dedicato ai caduti in servizio, a cura della regione Sicilia. L’artista, durante una conferenza stampa nei giorni della kermesse, dichiara di aver scritto “Signor tenente”
«…sotto la spinta di un’ emozione sincera. Volevo solo dire qualcosa che avevo dentro. La caserma che mi ha ispirato è quella dei carabinieri di Villafranca, vicino ad Asti. Quanto al termine “minchia” per me è solo una maniera gentile per definire uno stato d’ animo» [2].
Proprio nel luogo esatto del comune piemontese, da lui citato come fonte di ispirazione per la canzone, è stata apposta una targa in sua memoria.
[1]Mario Luttazzo Fegiz, «Faletti: a Sanremo con il tragico Tenente», Corriere della Sera, 23/01/1994
[2]Maria Pia Fusco, «Salvi e Faletti, tra vigili e tenenti», La Repubblica, 26/02/1994