di CONSOLATA MAESANO –
Una pellicola commovente ma antiretorica, dolcissima ma dura, surreale e realissima1Pietrangelo Buttafuoco, «Al cinema il tallone d’Achille della mafia è il culo, non il Grasso residuo», Il Foglio, 04/12/2013
La mafia uccide d’estate è un film del 2013, diretto e interpretato da Pif (nome d’arte di PierFrancesco Diliberto).
Si tratta di una pellicola sui generis, che si approccia alla fenomenologia mafiosa in modo originale, attraverso un connubio di comicità, sentimentalismo, inchiesta e cinemaverità: l’autore, d’altrocanto, si è formato tra i ciak del grande cinema d’autore (fu assistente del regista Marco Tullio Giordana per il film I centi passi) e vanta una presenza televisiva in programmi d’inchiesta.
La pellicola ha raccontato in modo diverso, ma con l’attenzione, l’efficacia e lo scrupolo documentaristico del cronista, cos’è stata la lotta alla mafia negli anni di piombo di Palermo2Motivazione dell’assegnazione del premio giornalistico Mario Francese a Pif: https://www.palermotoday.it/cronaca/pif-vince-premio-mario-francese.html
La mafia uccide solo d’estate ripercorre un intero ventennio di stragi di mafia, dal 1969 al 1992, filtrato attraverso gli occhi del protagonista, il piccolo Arturo. La sua, in realtà, è la storia di tutti i cittadini di Palermo: un’esistenza nella quale la normalità delle giornate è costantemente scandita dal sangue e dalle bombe. I genitori concepiscono il figlio (la cui prima parola sarà mafia) durante la strage di via Lazio. Il battesimo del neonato è frettoloso, perché coincide con l’insediamento della giunta Ciancimino e il prete deve partecipare alla cerimonia. Il fratellino di Arturo nasce nello stesso giorno e nello stesso ospedale della figlia di Totò Riina.
Anche le vittime di mafia sono i classici vicini di casa, i conoscenti affettuosi e cortesi che si incontrano al bar: il commissario Boris Giuliano offre al piccolo una iris, un dolce tipico siciliano («Ma come? Un palermitano che non conosce le iris? Dobbiamo rimediare»); il giudice Rocco Chinnici è intenerito spettatore delle faccende di cuore di Arturo e Viola, una compagnetta che abita nello stesso palazzo dell’ideatore del Pool Antimafia.
Tutte queste piacevoli scene di quotidianità vengono bruscamente interrotte dal violento rumore delle deflagrazioni e dalle scene delle stragi: il corpo di Giuliano giace sul pavimento del bar e Arturo vede i baffi ancora coperti dello zucchero delle iris; Viola è nella sua cameretta quando un enorme boato accompagna l’omicidio del vicino di casa; l’omicidio di Pio la Torre interrompe la premiazione scolastica del protagonista.
Il sapiente uso delle immagini di repertorio conferisce valore di veridicità e di testimonianza ai momenti cruciali quali la morte di Chinnici, i funerali del generale Carlo Alberto dalla Chiesa e della moglie, gli arresti e i processi del maxi processo, i funerali della scorta di Borsellino.
La mafia uccide solo d’estate propone un percorso, che porta i palermitani all’acquisizione di una nuova consapevolezza civica, la quale sostituisce l’atteggiamento negazionista del fenomeno mafioso. Il ponte tra questi due opposti è rappresentato dalle stragi del 1992. Nella Palermo tra gli anni ’70 e gli anni ‘80 il prete tranquillizza il padre di Arturo, preoccupato perché il bambino ancora non parla: «Dalle mie parti si dice che chi parla poco vive più a lungo». Arturo da piccolo ha paura di innamorarsi, perché ogni omicidio viene ricollegato a una questione di fimmine. Il piccolo, nel corso della sua prima intervista, domanda convinto al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: «L’onorevole Andreotti dice che l’emergenza criminalità è in Calabria e in Campania: Generale, ha forse sbagliato regione?».
Eppure «in città avvenne un evento storico: i palermitani scoprirono che esisteva la mafia e glielo fecero scoprire i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che istruirono il maxi-processo». Centinaia e centinaia di siciliani partecipano commossi ed emozionati ai funerali delle vittime di mafia e la rabbia dei cittadini verso le istituzioni e la politica raggiunge il picco in concitate proteste. Migliaia di persone pretendono di partecipare ai funerali della scorta del giudice Borsellino, al grido di «fuori la mafia dallo Stato» (e lo spettatore non guarda la finzione, ma la realtà: si tratta di immagini di repertorio).
La mafia uccide solo d’estate è però anche uno dei primi film a muoversi nell’orbita della piccola e media borghesia, tra impiegati e direttori di banca, ricordando che la mafia è anzitutto fenomeno urbano e borghese. E soprattutto, è forse l’unico film a raccontare la “zona grigia” tra mafia e antimafia, quel settore maggioritario della società isolana che per un attimo parve prendere coscienza, come il film giustamente ricorda, dopo l’uccisione di Falcone e Borsellino3Emiliano Morreale, «Pif fa centro, ma solo da piccolo», Il Sole 24 Ore, 01/12/13.
Arturo e Flora, di nuovo emblema dei cittadini palermitani, capiscono che la vera rivoluzione nella lotta alla mafia sta nell’educazione delle generazioni più giovani, insegnando loro la storia e gli ideali delle vittime di mafia: «Quando sono diventato padre ho capito due cose: la prima che avrei dovuto difendere mio figlio dalla malvagità del mondo, la seconda che avrei dovuto insegnargli a distinguerla». I neo genitori accompagnano il piccolo figlio sui monumenti commemorativi dei magistrati, degli uomini della scorta, dei civili che hanno perso la vita per mano della mafia: Rocco Chinnici, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Boris Giuliano, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Mario Francese, Pio La Torre, Filadelfo Aparo, Rosario di Salvo, Cesare Terranova, Gaetano Costa, Attilio Bonincontro, Piersanti Mattarella.
Il film si conclude con Pif impegnato a spiegare al bambino le azioni di questi caduti, e dopo le immagini dei monumenti scorrono le loro foto sui giornali.