Testimoni di giustizia. Definizione
I testimoni di giustizia, secondo la normativa, sono «coloro che assumono, rispetto al fatto o ai fatti delittuosi in ordine ai quali rendono le dichiarazioni, esclusivamente la qualità di persona offesa dal reato, ovvero di persona informata sui fatti o di testimone».
Esiste una netta differenza tra i collaboratori di giustizia e i testimoni di giustizia. Infatti, mentre i primi sono persone che hanno un passato di appartenenza ad una organizzazione criminale o mafiosa, i secondi sono cittadini incensurati.
Testimoni di giustizia. Tante storie
La giovane siciliana di Partanna, Rita Atria, si suicida il 26 luglio 1992, all’indomani della morte di Paolo Borsellino. Non regge la perdita dell’uomo che considera un secondo padre e non solo il magistrato che la accompagnando nella collaborazione con la giustizia.
Lea Garofalo è tradita dal suo ex compagno, che la vuole punire per la testimonianza resa sugli affari del suo clan. Rapita il 24 novembre 2009, è destinata a una fine atroce.
I primi testimoni di giustizia fortunatamente non vengono uccisi. Eppure provano sulla loro pelle l’incapacità dello Stato di dare risposte rapide a chi mette in gioco tutto, compresa la vita. Come Pietro Nava, il rappresentante di un’azienda del Nord che, in trasferta di lavoro in Sicilia, vede fuggire i killer del giudice Rosario Livatino e li denuncia alle autorità. Da quel 21 settembre 1990 la sua esistenza cambia per sempre e le difficoltà che incontra servono alle istituzioni per affinare gli strumenti normativi.
Come Mario Nero che, per una casualità, incrocia l’assassino del commerciante Giovanni Panunzio, ucciso 16 giugno 1992 a Foggia. Da lì a poco raccoglie l’invito del figlio della vittima a trovare i sicari e racconta ciò che sa, trovandosi a maledire qualche anno dopo la sua scelta: perde moglie, figli e lavoro a causa di una burocrazia poco attenta.
E per venire in tempi più recenti c’è Piera Aiello, cognata di Rita Atria e anche lei collaboratrice, che gira per le scuole e le associazioni a raccontare la loro storia1Dizionario Enciclopedico delle Mafie in Italia, a cura di Claudio Camarca, AA VV, Castelvecchi Editore, 2013.
Testimoni di giustizia, tante storie di imprenditori
C’è Pino Masciari, imprenditore calabrese che denuncia le estorsioni e si batte con pubbliche denunce per poter avviare un’attività onesta. Al pari degli imprenditori edili Ignazio Cutro di Bivona (Agrigento) e di Gaetano Saffioti di Palmi (Reggio Calabria), messi alle strette dalle estorsioni2Dizionario Enciclopedico delle Mafie in Italia, a cura di Claudio Camarca, AA VV, Castelvecchi Editore, 2013 .
Testimoni di giustizia. Conseguenze impattanti
Scegliere di divenire testimoni di giustizia – come insegnano le storie sopra – ha un impatto molto forte sulla vita, sulla famiglia, sulla psiche e sul lavoro. Spostamenti in luoghi protetti, separazioni dai propri cari, cambi di generalità, troncamento dei rapporti, interruzioni di attività commerciali sono conseguenze molto pesanti.
Testimoni di giustizia. Una lunga apnea normativa
La definizione normativa dei testimoni di giustizia si è fatta attendere parecchio. Se la legge numero 82 del 15 marzo 1991 regolamenta la disciplina inerente esclusivamente i collaboratori di giustizia, bisogna attendere altri dieci anni per una norma che vada incontro ai testimoni di giustizia. Un iter faticoso e travagliato, che si conclude con gli articoli 16 bis e 16 ter della legge numero 45 del 13 febbraio 2001. La legge del 2001 estende al testimone di giustizia la disciplina propria del collaboratore di giustizia.
Testimoni di giustizia. La legge adesso c’è…
In particolare, l’articolo 16 ter, riconosce ai testimoni di giustizia il diritto:
- a misure protettive fino alla cessazione concreta del pericolo per sé e per i familiari;
- a misure di assistenza, anche oltre la cessazione della protezione, per garantire un tenore di vita personale e familiare uguale a quello esistente prima dell’inizio del programma. Fino a quando non riacquistano la possibilità di godere di un reddito proprio;
- alla capitalizzazione del costo dell’assistenza, in alternativa alla stessa;
- se dipendenti pubblici, al mantenimento del posto di lavoro, in aspettativa retribuita. Ciò in attesa della definitiva sistemazione anche presso altra amministrazione dello Stato;
- alla corresponsione di una somma a titolo di mancato guadagno, conseguenza della cessazione dell’attività lavorativa propria e dei familiari nella località di provenienza. Sempre che non abbiano ricevuto un risarcimento al medesimo titolo, ai sensi della legge 23 febbraio 1999, n. 44;
- a mutui agevolati per il totale reinserimento proprio e dei familiari nella vita economica e sociale.
…ma resta tanto da fare
Occorre un mutamento di mentalità e metodo, una diversa filosofia nell’approccio alla figura del testimone, che va visto non come un peso ma come una risorsa. Bisogna poi passare da una gestione a sportello a una gestione relazione, Particolare attenzione va quindi riservata alla selezione e alla formazione del personale preposto alla speciale protezione3Commissione parlamentare antimafia, febbraio 2008
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Consolata Maesano.