di CONSOLATA MAESANO –
Franca Viola è stata la prima donna italiana a rifiutare, nella Sicilia degli anni ’60, le nozze riparatrici con l’uomo che l’aveva stuprata, divenendo così simbolo di dignità, coraggio e libertà per tutte le vittime di violenza sessuale.
Per comprendere a pieno la sua storia, è necessaria una breve digressione legislativa. Il codice penale italiano, fino alla fine del ‘900, classificava lo stupro nella categoria dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume. Solo nel 1981 verrà abrogato l’articolo 544 del codice penale, relativo alle “cause speciale di estinzione del reato” a sfondo sessuale: «il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali». Dunque, fino a meno di quarant’ anni fa, la legge italiana ammetteva il cosiddetto matrimonio riparatore e solo nel 1996 i delitti di violenza sessuale furono ridisciplinati e spostati nella categoria dei delitti contro la persona.
La storia di Franca divenne presto un simbolo per tutte le donne: violenza e sopraffazione non sono riuscite a piegare lei e la sua famiglia. La ragazza, figlia di due modesti mezzadri di Alcamo, a quindici anni si fidanzò con Filippo Melodia, nipote di un noto mafioso locale. I genitori di lei avevano dato il benestare al fidanzamento; tuttavia decisero di interrompere la relazione in seguito all’arresto del futuro genero per furto e associazione mafiosa. Melodia, una volta scontata la pena, tentò invano di far cambiare idea al padre della ragazza attraverso una serie di intimidazioni mafiose; ma né la distruzione del vigneto né il rogo del casolare e neppure le minacce di morte con la pistola riuscirono a smuovere Bernardo Viola. Il 26 dicembre 1965 il mafioso fece irruzione a casa dell’ex fidanzata, allora diciassettenne: assieme a dodici complici distrusse l’abitazione, aggredì la madre di Franca e rapì lei e il fratellino di 8 anni (che però venne rilasciato subito). La giovane fu sequestrata e violentata per diversi giorni- prima in un casolare fuori dal paese e poi a casa della sorella di Melodia, sempre ad Alcamo- e il 2 gennaio 1966 venne liberata dai carabinieri, che arrestarono il rapitore e i suoi complici.
L’intento del sequestro era quello di rendere inevitabili le nozze riparatrici, visto l’ormai intaccato “onore” della ragazza. Ma né Franca né la sua famiglia accettarono la violenza ed il matrimonio e avviarono con fermezza un’azione legale nei confronti del carnefici: «Io non sono proprietà di nessuno – dichiarò la giovane – nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce».
Bernando Viola si costituì parte civile, andando nuovamente incontro alle pressioni mafiose. Franca seppe affrontare con dignità il processo e le sue fasi più delicate, come le accuse da parte della difesa di essere consenziente al sequestro- che diventava così una semplice fuitina per ottenere il consenso dei genitori al matrimonio- o la richiesta (respinta) di una perizia sul suo corpo per accertare se ella avesse già perso la verginità prima del rapimento, come sosteneva Melodia. La vicenda, che ebbe notevoli ripercussioni sull’opinione pubblica e fu oggetto di diverse interrogazioni parlamentari, si concluse con la condanna del carnefice a 11 anni di carcere, poi ridotti a dieci più due di soggiorno obbligato. Anche i suoi complici furono condannati.
A distanza di anni, Franca Viola spiegò con queste parole cosa la spinse a lottare: «Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé».
Melodia morì assassinato da ignoti nel 1978, due anni dopo aver scontato la condanna; mentre Franca Viola nel 1968 sposò un amico d’infanzia, Giuseppe Ruisi. Lei inizialmente aveva rifiutato le nozze, perché temeva ripercussioni sul futuro marito. Difatti, lo stesso Melodia durante il processo lo aveva minacciato di morte in caso di nozze, ma Ruisi insistette: «meglio vivere dieci anni con te che tutta la vita con un’altra», le disse. Agli sposi giunsero gli auguri dell’allora presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e del premier Giovanni Leone, nonché il regalo del ministro dei trasporti Oscar Luigi Scalfaro, che donò loro un biglietto valido per un mese su tutta la linea ferroviaria; essi vennero inoltre ricevuti in udienza privata da papa Paolo VI. Franca, in occasione della festa della donna del 2014, venne acclamata grande ufficiale dell’ordine al merito della repubblica italiana dal presidente Giorgio Napolitano. Alla sue vicende si ispirò il film di Damiano Damiani La moglie più bella, con una giovanissima Ornella Muti nei panni della protagonista.