Claudio Domino: un nome che purtroppo fa parte del lungo elenco imbrattato col sangue dei bambini uccisi dalla mafia.
Quello del piccolo, in particolare, più di ogni crimine sconvolge l’opinione pubblica italiana nel lontano 19861Dato emerso da un sondaggio del quotidiano “La Repubblica”.
DINAMICHE E CONTESTO
Era la sera del 7 ottobre di quell’anno: l’undicenne palermitano, assieme a un compagno di giochi, si trova nei pressi della cartoleria gestita dalla madre. Si accosta al marciapiede una moto: l’uomo a bordo, col volto nascosto da un casco, chiama il bambino per nome e non appena quest’ultimo si avvicina gli spara in fronte.
L’omicidio avviene in pieno Maxiprocesso. A poche ore di distanza dall’omicidio del bambino, Giovanni Bontate legge in aula bunker un comunicato:
Noi condanniamo questo barbaro delitto che provoca accuse infondate anche verso gli imputati di questo processo. Siamo uomini, abbiamo figli, comprendiamo il dolore della famiglia Domino. Rifiutiamo l’ipotesi che un atto di simile barbarie ci possa sfiorare2https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/261-cronaca/80410-claudio-domino-a-11-anni-condannato-a-morte-dalla-mafia.html.
La comunicazione rappresenta la prima implicita ammissione dell’esistenza di Cosa Nostra.
TANTE IPOTESI
Molte ipotesi nei mesi successivi maturano attorno al delitto. Le primissime riguardano una vendetta nei confronti del padre:
I Domino erano benestanti. Antonio era riuscito ad aprire insieme alla moglie due imprese di pulizie. Una delle due, la Splendente, qualche mese prima aveva vinto l’appalto per i lavori di pulizia all’interno dell’aula bunker.
Si parlò di richieste che le famiglie mafiose avrebbero fatto al papà del bambino. Si favoleggiò anche di un interesse della mafia a conoscere la mappa dei sotterranei dell’aula bunker, magari in preparazione di un attentato.
Antonio Domino, fin dal giorno dell’uccisione del figlio Claudio, negò sempre, con molta decisione, d’aver subito pressioni di questo tipo. D’altra parte era impensabile: ogni operaio che entrava in aula bunker veniva sottoposto a controlli personali rigidissimi3Saverio Lodato, “Quarant’anni di mafia. Storia di una guerra infinita”, Rizzoli, Milano, 2020.
Altre teorie definivano la piccola vittima un testimone scomodo:
Parecchi mesi dopo si sarebbe sparsa la voce che gli autori del delitto erano stati silenziosamente giustiziati. Si disse che nell’estate del 1986 Cluadio aveva assistito a un doppio sequestro di persona (che effettivamente si era verificato) e ne aveva riferito al padre.
Secondo altre voci aveva notato in un retrobottega strane operazioni con provette e alambicchi4Ivi.
di CONSOLATA MAESANO