Emanuele Riboli. Una tragedia senza fine.
Emanuele Riboli, adolescente per sempre. Non avere, da oltre 40 anni, neppure un tomba su cui posare un fiore in memoria di una persona amata strappata alla vita e agli affetti: è la drammatica storia della famiglia Riboli: il giovane Emanuele, 17 anni, scompare da Buguggiate, nel varesotto, la sera del 1974, dopo essere stato sequestrato dalla ‘ndrangheta.
I genitori, le tre sorelle e il fratello di Emanuele Riboli non si sono mai visti restituire neppure il suo corpo, forse avvelenato col veleno dei topi o divorato dai maiali, chi può dirlo con certezza?
Le testimonianze della stampa.
Le cronache dei mesi successivi al sequestro riesumano l’orrore di una serenità dilaniata per sempre, delle
[…]Ore d’ansia vissute accanto al telefono, notti insonni trascorse a pensare e sperare, mentre inutili boccettini colmi di sedativi, calmanti, cardiotonici si ammucchiano sui comodini […]. È il dramma della famiglia di Emanuele Riboli; il padre Luigi (44 anni, piccolo imprenditore, contitolare col fratello di una carrozzeria), la madre Bianca Natta, cinque figli. Cristina, la più piccola, ha cinque anni. Il maggiore, Emanuele, ne ha i compiuti 17 il 3 novembre scorso. Non c’è stata festa quel giorno: dal 14 ottobre il ragazzo è prigioniero dei banditi che l’hanno sequestrato.
Per il riscatto di Emanuele Riboli hanno preteso una cifra pazzesca: un miliardo. Una somma che Luigi Riboli non sarà mai in grado di procurarsi. Allora i banditi hanno ridotto la loro richiesta a 800 milioni. Spietati hanno fatto sapere che libereranno Emanuele soltanto quando avranno ricevuto l’ultimo centesimo.
Non solo.
Ipotecando proprietà, ricorrendo a prestiti (a tassi di interesse così alti che le somme ottenute rischiano di raddoppiarsi nel giro di un anno), i genitori di Emanuele Riboli hanno raccolto sinora meno di un terzo di quanto preteso dai banditi. 200, forse 250 milioni che sono già stati versati (ma una parte è finita nella mani di uno sciacallo che era riuscito ad inserirsi nelle trattative) ai rapitori.
«Sono disposto a pagare fino all’ultima goccia del mio sangue per riavere mio figlio»: Luigi Riboli scandisce le parole con insospettata energia ma poi l’angoscia della propria impotenza riprende il sopravvento […].
Per consegnare la prima parte del riscatto, il padre di Emanuele Riboli ha percorso quasi cinquemila chilometri su percorsi segnati dai banditi. Quattro appuntamenti, due in una località al confine fra il Lazio e la Toscana, un terzo in Lombardia, il quarto (l’ultimo, del 7 dicembre) in un posto che non viene rivelato […].
Luigi Riboli continua a chiedere alla polizia di restare fuori dalla vicenda per non compromettere la salvezza di Emanuele. Si arrabatta per trovare il denaro per la liberazione del ragazzo: la somma è enorme, ma non si dà per vinto. «Devo salvare mio figlio», dice. La madre soffoca i singhiozzi nel fazzoletto, si allontana a testa bassa, mentre gli altri bimbi guardano smarriti. Cristina, la più piccola, l’altro giorno ha chiesto al padre: «Papà, hai trovato il Lele?»1Francesco Fornari, “La lunga, straziante attesa che dura da ben 5 mesi”, La Stampa, 14/03/1975.
Oltre al danno la beffa.
Al dolore della famiglia di Emanuele Riboli si è aggiunta anche la beffa da parte di uno Stato non proprio dalla parte delle vittime.
Nella casa dei Riboli a Buguggiate, vicino a Varese, suona il telefono. Si tratta di Franco Maisto, sostituto procuratore generale a Milano, il magistrato che rappresenta l’ accusa nel processo d’ appello ai rapitori di Emanuele. “Oggi pomeriggio – dice Maisto – chiederò l’ assoluzione per i rapitori di vostro figlio. E volevo chiedervi perdono”. Sono le parole che Maisto ripete poche ore dopo nell’ aula bunker del processo d’appello. “La giustizia italiana, che qui umilmente rappresento, deve chiedere scusa ai genitori di Emanuele Riboli”. Perché se i criminali che lo sequestrarono stanno per essere assolti e liberati, spiega Maisto, non è colpa del destino. Una incredibile serie di errori, di superficialità, di omissioni da parte dello Stato ha permesso che per anni i rapitori di Emanuele restassero sconosciuti, e ha poi fatto in modo che l’ accusa contro di loro venisse cancellata dalla prescrizione2Luca Fazzo, “Scusate, per colpa dello Stato libererò i killer di vostro figlio”, La Repubblica, 08/10/1999 .
Per scoprire altre tragiche storie simili clicca qui.
Consolata Maesano