«La mafia teme più la scuola della giustizia. L’istruzione taglia l’erba sotto i piedi della cultura mafiosa» (Antonino Caponnetto)
di CONSOLATA MAESANO – La domanda, specie in giornate come quella odierna, in cui cade il 28esimo anniversario della strage di Via D’Amelio, in cui perse la vita il magistrato Paolo Borsellino assieme a 5 agenti della scorta, nasce spontanea: come si può spiegare ai più piccoli cos’è la mafia? In che modo si può rendere accessibile ai bambini il sacrificio dei servitori dello stato? Qual è il modo più efficace per parlare di legalità ai cittadini del futuro, a coloro che un domani saranno chiamati a compiere scelte importanti?
Se lo sono chiesto Alessandra Viola e Rosalba Vitellaro, ideatrici del cartone animato del 2010 «Giovanni e Paolo e il mistero dei pupi».
«Le due autrici sono reduci da una sconfortante inchiesta condotta nelle scuole medie di Palermo e di Roma da cui è emerso che quasi tutti gli studenti non sanno chi erano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Senza dubbio gli insegnanti avranno spiegato loro qualcosa sull’opera dei due giudici, sulla loro lotta alla mafia, sulla loro terribile morte per tritolo. Ma il messaggio non è passato, non si è sedimentato. Che fare, dunque? Certo, come canta la Consoli con la sua voce struggente, «il passare del tempo restituirà onore al vero». Ma anche il tempo, che è galantuomo, va aiutato e, se occorre, accelerato. La risposta che Vitellaro e Viola danno al problema sgorga dalla loro esperienza lavorativa e creativa: la realizzazione di un cartone animato. Ovvero, un medium semplice, diretto, accattivante, che divertendo possa veicolare contenuti forti in modo leggero, non traumatico, non scoraggiante»1Marcello Benfante, «Falcone e Borsellino diventano eroi da fiaba», La Repubblica, 24/02/2010.
Il film d’animazione- coprodotto da Larcadarte e Raifiction con la collaborazione della regione Sicilia e dell’assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana- è un modo tanto semplice quanto intelligente di spiegare la mafia attraverso simboli e metafore, intrattenendo ed educando le giovani coscienze con dialoghi particolarmente riusciti.
Nella Palermo degli anni ‘50 gli abitanti sono in fervida attesa dell’evento più importante dell’anno: la festa patronale di Santa Rosalia. Tutti collaborano ai preparativi: anche due bambini che si chiamano Giovanni e Paolo, assieme al loro gruppo di amichetti.
La buona riuscita della festa e l’incolumità dei cittadini sono però messe in pericolo da un mago cattivo, un burattinaio che trasforma in marionette senz’anima gli abitanti di Palermo.
Il mago- efficace impersonificazione della mafia– sembra apparentemente affabile e disposto ad aiutare tutti, ma in realtà il prezzo del suo intervento è caro: «Nessuno mi può resistere…presto saranno tutti miei pupi. Tutti! Nessuno escluso. Leverò dalle loro menti le parole libertà e giustizia. Nessuno può resistere a quello che io posso offrire e a quel punto li avrò tutti in pugno».
L’amichetta di Giovanni e Paolo l’aveva capito bene: «Chi cade nella sua trappola si muove solo grazie a i suoi fili che lui stesso manovra!».
Ma i nostri piccoli eroi riescono a capire il tallone di Achille da colpire per sconfiggere il nemico: «odia la festa perché ci unisce. Ha paura che la gente sia tanta, quindi più forte di lui. Lui vuole dividere e lo fa creando odio e invidia tra tutti: se restiamo uniti siamo più forti di qualsiasi prepotente».
Così, quando tutti gli abitanti di Palermo alzano la testa e decidono di ribellarsi al suo potere, egli viene sconfitto.
Ma anche se siamo in un cartoon e alla fine i nostri eroi possono comunque godersi la meritata festa di Santa Rosalia, l’ombra malefica che toglie l’anima è ancora presente nella scena finale.
«Finirà mai questa brutta storia?» chiede Paolo a Giovanni, che risponde: «Non lo so, ma noi ci faremo trovare sempre pronti».
Sì, perché è giusto non illudere i più piccoli, far capire loro che purtroppo nella realtà non sempre i buoni riescono a sconfiggere i cattivi e che non bisogna mai abbassare la guardia.
Non a caso, una volta terminate le avventure dei due giovani palermitani, il cartone racconta un’altra storia, attraverso la voce del fabbro Salvatore: «Giovanni e Paolo hanno il nome di altri due coraggiosi figli di questa terra che si chiama Sicilia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Non due bambini ma due uomini, due animi nobili e coraggiosi che hanno lottato davvero contro il mago più oscuro e violento che ci sia: la mafia. Come nel racconto, nemmeno loro hanno vinto completamente, ma il loro esempio, il loro coraggio e il loro sacrificio hanno aperto una breccia per sconfiggerlo un giorno per sempre».
Sullo schermo scorrono a questo punto le foto (reali) dei due servitori dello stato e la Palermo mitica del cartone lascia un po’ di spazio a quella reale, a quella che ha visto le proprie vie e le proprie strade macchiarsi del sangue di tanti innocenti: compare “l’albero Falcone”, piantato di fronte casa del magistrato e costantemente meta di cittadini che lasciano fiori, messaggi, pensieri.
Il cartoon termina con la nascita di una bellissima farfalla, il cui baco da seta si schiude sul ramo più alto dell’albero: una rinascita, possibile attraverso il sacrificio dei due magistrati. Non a caso, scorre una delle frasi più celebri di Falcone: «gli uomini passano ma gli ideali restano e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini».